La Serenissima

pic_399_serenissimaA Venezia si possono trovare numerosi esemplari di rappresentazioni di Città e Fortezze in pietra o marmo come le ben note piante prospettiche del 1680 di Padova, Zara, Spalato, Corfù e Candia poste sullo zoccolo della tacciata della Chiesa di S. Maria Zobenigo, i bassorilievi dell’assedio di Candia nel mausoleo di Alvise Mocenigo del 1654 nella Chiesa di S. Lazzaro del Mendicoli, i plastici di S. Mauro e Cefalonia del Sarcotago di Benedetto Pesaro del 1503 ed infine le vedute di Smirne e Cipro sul funebre del Doge Pietro Mocenigo del 1476 nella Chiesa d ei SS. Giovanni e Paolo. Ben più rare sono però quelle in legno o legno, cartapesta e gesso poiché detti materiali sono ben più fragili del marmo, quindi le testimonianze giunte tino ai nostri giorni sono poco numerose e ancor meno note. La più ricca collezione di tali manufatti e quella del Museo Storico Navale di Venezia, comprendente diciotto plastici di grandi dimensioni concernenti fortezze veneziane in Adriatico ed in Egeo, costruiti tra la fine del XVI Sec. e l’inizio del XVII Sec.

Dette opere sono State oggetto di numerosi studi nei primi anni del ‘900 tra cui quelli del Fragken, del Bertolini e del Prof. Gerola. Su tutti prevale, per sicurezza d’informazione e soprattutto per la diretta conoscenza dei luoghi, quello del Prof. Gerola, stimato socio dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia, che lo pubblicò nel 1931 negli Atti di quell’emerito Istituto ed a cui queste note fanno costante riferimento. In origine questi plastici erano in numero di venti ed incerto e il luogo della loro conservazione fino alla Caduta della Repubblica.

In considerazione del loro uso, di cui si dirà successivamente, si ipotizza fossero conservati in Palazzo Ducale, ma tenendo conto della segretezza e della severa attenzione che i magistrati veneziani ponevano nelle cose militari e per le notizie riguardanti la difesa, si può senz’altro dedurre fossero conservati in Arsenale ed in luogo anche non facilmente accessibile. E’ naturale quindi che, con tale collocazione, passassero nel 1815 al Museo dell’ Arsenale che in quegli anni I’Amministrazione Austriaca andava ordinando nell’edificio posto nei pressi della Porta Principale dello stesso Arsenale ed in cui rimase fino al 1964. Tali cimeli furono ivi conservati e tramandati alla successiva Amministrazione della Marina Italiana che dal 1919 Ii affidò al ristrutturato Museo Storico Navale.

In quanto all’uso di detti plastici e’ da rilevare che non sono stati costruiti come oggetti decorativi o commemorativi e tantomeno come opere semplicemente descrittive; bensì costituivano degli strumenti di lavoro e dei mezzi necessari per le decisioni che i Provveditori incaricati dovevano prendere in campo militare. Infatti i confini ed i possedimenti della Repubblica Veneta, in relazione ai tempi ed alle comunicazioni di allora, erano vastissimi ed a distanze difficilmente superabili da molti di coloro che si interessavano alla cosa pubblica.
Tale situazione, unita alla ben nota e scrupolosa gestione del denaro pubblico, fece sì che i Magistrati preposti avessero necessità di un preciso riferimento allorquando Capitani di Fortezze o Capitani da Mar avanzavano le loro proposte per la costruzione di nuove opere difensive o per le riparazioni di quelle esistenti. Sui plastici ci si poteva rendere esattamente conto della fondatezza delle richieste, si poteva constatare lo stato esistente e su di essi si potevano anche progettare nuove opere, come in alcuni, dove, con colori più sfumati, sono segnati dei bastioni mai costruiti.
Il Provveditore Generale da Mar Agostino Sagredo nel 1714 cosi scriveva in una relazione: “A maggior pubblica notizia et a testimonio più chiaro delle attenzioni che contribuì a tutti li soprariferenti lavori, soggetto anche Ii modelli cosi delle fabbriche della suddetta Piazza di Corfù, come delle altre di Romania, Modon e S. Maura”. Con ogni probabilità i modelli citati sono proprio questi del Museo Navale, essendo gli unici esistenti in quell’epoca e mancando poi qualsiasi notizia su eventuali altri similari.
I plastici pervenuti al Museo erano in origine venti; di questi quelli rappresentanti le Fortezze di Orzinovi e di Peschiera sono stati donati nel secolo scorso al Museo del Genio Militare a Roma.
Ogni modello ha un piccolo riquadro nel quale è segnato il nome della Fortezza, I’epoca di esecuzione del rilievo e la data del restauro che è sempre il 1872. In quell’anno infatti venne eseguito un intervento per poterli esporre al Congresso Geografico Internazionale, che ebbe luogo solo nel 1881. A questo punto deve farsi una constatazione che difficilmente potrà essere chiarita con sicurezza. Alcuni plastici nel citato riquadro riportano il nome di una Fortezza che in realtà è un’altra. II Gerola, con La sua profonda e diretta conoscenza dei luoghi ha individuato e quindi designato i plastici erroneamente classificati con i loro esatti nomi. Però non si è potuto chiarire l’origine di tali errori che, sempre per il Gerola, si possono solo attribuire alla fretta del restauro ed al probabile fatto che alcuni plastici siano stati distrutti per le loro pessime condizioni. La confusione dei cartigli fra i restaurati ed i distrutti può aver indotto tali errori, considerando che in quell’epoca pochi conoscevano effettivamente i luoghi descritti.
Chi eseguì l’opera di ripristino purtroppo non era all’altezza del compito come è emerso dal recente restauro e gli interventi di allora, sia per i materiali usati che per la “mano” sono molto grossolani.
Tutti i plastici si presentavano perciò molto anneriti e mancanti di alcune parti, quali piccoli edifici, alberi ecc. Essi sono fissati su grosse tavole di Iarice, ed eseguiti in legno intagliato, rifiniti nei particolari con cartapesta gesso e stucco. Gli edifici sono in legno sagomato, mentre gli alberi sono costituiti da un chiodo verticale sul quale probabilmente era fissata come chioma una pallottola di gesso o altro materiale fragile. Di tali alberi ora sono rimasti solo i chiodi verticali e nel restauro non si è voluto completarli non avendone alcun esemplare. Un approfondito esame dei vari pezzi ha chiaramente rilevato la loro struttura: esistono tracce di un primo strato, quello del XVI e XVII Sec. molto rovinato e soprattutto con larghe chiazze prive di colore. Lo strato sovrapposto e costituito dal restauro del 1872 che come si e detto piuttosto grezzo con le superfici mancanti ricoperte da colorazione solo simile alle originali; infine il terzo strato quello superficiale ed il più consistente, costituito da vernici, oli ed altre sostanze messi in opera successivamente al 1872 per ravvivare i colori o per preservarli dai tarli e dall’umidità.
L’impostazione del restauro, scaturita da tali esami, in relazione anche alle possibilità tecniche e stata La seguente:

  • Asportazione totale dello strato superficiale.
  • Asportazione parziale del secondo strato in modo da mettere in luce quanto più possibile le parti originali, lasciandolo nelle zone e nei tratti in cui il colore era del tutto mancante o notevolmente danneggiato.

Si e considerato che un restauro vecchio di centoquindici anni, anche se non perfetto, era preferibile a zone del tutto scoperte e molto deteriorate. I plastici restaurati sono i seguenti; tra parentesi l’attribuzione del Gerola:

  • Fortezza di Canea – anno 1608
  • Castello alla bocca del Porto di Candia – 1620
  • Scoglio di Grabosa in Candia – 1620
  • Scoglio S. Teodoro in Candia – 1625 (Fortezza di Spinalunga)
  • Fortezza di Cerigo – 1707
  • Fortezza di Carabusa – 1614 (Isolotto di Spinalunga)
  • Fortezza di Spinalunga – 1619 (Forte Botticelle a Spalato)
  • Fortezza di Famagosta a Cipro – 1571
  • Mama in Morea – 1686 (Dettaglio Fortezza di Famagosta)
  • Fortezza di Napoli di Romania – 1625 (Zante)
  • Fortezza di Suda -1612
  • Città e Fortezza di Zara -1612
  • Candia -1612.

Ci si può domandare ora cosa rimane nei luoghi descritti dai nostri plastici. Purtroppo nel corso dei secoli le manomissioni e le trasformazioni sono state moltissime. Alcuni sono del tutto scomparsi, altri cosi irrimediabilmente trasformati da non essere più riconoscibili, pochi rimangono inalterati nelle loro linee originarie.
In genere quelli che hanno potuto conservare a loro originale fisionomia sono quelli rimasti sino ad oggi in mano militare come ad esempio per Suda.
Nel presentare le immagini dei plastici restaurati sono state riprodotte anche alcune prove d’intervento in modo da illustrare lo stato in cui si trovavano. Quando possibile, allo scopo di dare una visione di come i luoghi si presentavano nel XVII Sec. sono state riportate alcune immagini tratte dall’Isolario del Coronelli, il famoso cartografo della Repubblica Veneta. Ora la raccolta, restaurata e quindi resa leggibile, offre la possibilità ai numerosi studiosi di confrontare molti dati e verificare alcune ipotesi. La notizia del restauro ha già varcato le nostre frontiere; dalla Francia e dalla Grecia sono giunte richieste di riproduzione dei plastici e La possibilità di studio degli stessi. Cosi gli antichi baluardi della Repubblica tornano a essere oggetto d’interesse non più del Senato o del nemico di allora, il Turco, ma dei visitatori di tutto il mondo che, soffermandosi nelle sale del Museo Navale, potranno rivivere le glorie di una grande Nazione e delle sue opere.
Carlo Gottardi

Source/fonte: I Plastici delle Antiche Fortificazioni Veneziane in Levante, Museo Storico Navale di Venezia.